Recensione
Un romanzo avvincente, L’Ombra
sul Lago di Marco Longhi che si legge tutto d’un fiato,
com’è giusto che sia, trattandosi di un giallo, la cui
soluzione è rinviata alle ultime pagine, con segni, segnali e
indizi (importanti le impronte sulla neve) disseminati dappertutto
nel corso della narrazione, con lo scopo anche di depistare, di
insinuare dubbi e sospetti che di fatto si fanno strada nella mente
dell’io narrante.
E veniamo al plot. L’antefatto si
ispira con sostanziali variazioni all’Enrico IV di Luigi
Pirandello.
Una caduta apparentemente rovinosa da
cavallo funge da occasione e pretesto al protagonista, il dottor
Nevio Nardi, uno scrittore perennemente alle prese con il suo romanzo
(che diventa un romanzo nel romanzo, dunque), per fingersi invalido.
Per ingannare l’assicurazione (situazione classica di questo
genere letterario lo scontro, il duello con i periti della Compagnia
assicurativa e le manovre e contromosse di questa per evitare
l’esborso), Nardi ricorre a iniezioni prescritte da un medico
consenziente, Valter, che però l’io narrante chiama
“Valzer”, servendosi di un nomignolo, che solitamente è
più individuante del nome proprio. Ma … E qui ci
fermiamo perché non è giusto svelare il finale di un
romanzo giallo, non prima di aver segnalato che nel finale si sfocia
nel dramma.
Basterà osservare che della
costellazione di personaggi fanno parte anche la compagna di Nevio,
che lo tradisce con una “lei”, una relazione, questa, che
terminerà in modo burrascoso (non il solito triangolo del
dramma borghese, dunque); Giona, fratello del sedicente invalido, al
corrente del raggiro e altre figure minori.
Non manca la materia amorosa, a cui va
l’interesse dello scrittore, che si dilunga nel racconto di
desideri, giochi e sogni erotici.
I raccontatori della storia sono due:
il protagonista e Valentina, la compagna fedifraga, che parlano
alternativamente; anche graficamente e tipograficamente le parole ed
i pensieri, le voci insomma, dei due, che in alcuni punti diventano
confessioni a perdifiato, sono chiaramente distinguibili.
Perciò la materia, suddivisa in
23 capitoli, si articola in realtà in un numero maggiore di
partizioni. Infatti, già il primo capitolo è seguito da
un capitolo ‘1°a’ in cui a parlare in controcanto è
il personaggio femminile. Uno stratagemma questo che consente la
ripetizione dell’episodio da due punti di vista differenti, un
modo per sottolineare alcuni aspetti sollecitando l’attenzione
del lettore, secondo i canoni dettati dall’Ecole du regard.
Un escamotage per rendere il lettore
avvinto alla trama è il disvelarsi dei dati di fatto, delle
caratteristiche e dei tratti dei vari personaggi nel corso del
racconto, in azione, per dir così; in tal modo si verificano
dei colpi di scena inattesi e si eliminano le pause descrittive.
Soprattutto l’autore riesce a
tener desta l’attenzione del lettore, interrompendo alcuni
capitoli ‘sul più bello’dopo aver sollecitato la
curiosità del lettore, sulla scorta dei programmi televisivi a
puntate: esempio probante la telenovela; inutile nascondersi che il
mezzo televisivo ha esercitato una massiccia influenza sullo stile
dei romanzieri contemporanei.
Notevole il gusto del sensibile, che
emerge nelle descrizioni puntuali e a tratti amorevoli di paesaggi
naturali, di una natura partecipe e animata, che danno l’idea
di un fresco impressionismo. Come avviene con l’epifania in
attesa di un mondo imbiancato dalla neve e delle creature che si
muovono in quello spazio bianco.
Spicca un’enigmatica “carpa”
immobile sul fondo del lago. Dal punto di vista stilistico, la
velocità è assicurata dall’utilizzo dello stile
nominale; del dialogato alle parti diegetiche; dall’alternanza
del discorso diretto,indiretto, indiretto libero e del flusso di
coscienza ; mentre la velocità del dialogato è data dal
lessico tipico del parlato (evidente anche nella scelta, tra le
figure retoriche dell’epanortosi), con espressioni triviali e
gergali e dal ricorso agli strumenti della dialettalità.
Fabio Dainotti |